Linda Tondi studia al liceo scientifico Enrico Fermi di Bologna. Nel tempo libero suona la chitarra e balla hip hop. Adora i Queen e i Guns ‘n’ Roses e nel fine settimana frequenta la parrocchia. Ha scelto di partecipare a Coding Girls su consiglio di alcune compagne. Condividiamo la simpatica intervista realizzata da Alberta Testa [@Alberta_FMD], che da qualche mese cura l’ufficio stampa della Fondazione Mondo Digitale.
Adesso che hai seguito le prime lezioni, confermi il giudizio delle tue compagne?
“Sì, assolutamente. Coding Girls è senza alcun dubbio un programma interessante e stimolante. Le lezioni mi sono sembrate molto ben presentate e organizzate. In particolare, mi hanno incuriosito le tecniche e gli strumenti per la realizzazione di app. Infatti ho già sperimentato da sola quello che abbiamo imparato nella “classe virtuale”.
Dopo quasi tre anni scolastici in DAD, cosa pensi delle lezioni virtuali?
“Sicuramente la didattica a distanza ha avuto conseguenze sui metodi di apprendimento. Credo che passando molto più tempo al computer e online si acquisisca, sì, maggiore dimestichezza con la tecnologia e gli strumenti digitali, ma si perda anche un po’ di quella interazione diretta che stimola l’apprendimento e la creatività”.
Il momento più difficile in questo periodo di pandemia?
“I momenti più difficili hanno coinciso con il passaggio da chiusura a apertura e viceversa. Credo che i cambiamenti così repentini possano alterare molto gli equilibri, anche se è vero che alla mia età ci sia abitua in fretta”.
Cosa pensi che la tua generazione porterà con sé dopo questa esperienza?
“Sicuramente noi giovani abbiamo imparato cosa sia il rispetto delle regole. Una cosa positiva, sicuramente. Tuttavia credo che si possa guardare a questo anche pensando all’altro lato della medaglia: abbiamo imparato a essere responsabili troppo in fretta. Ci è stata negata una parte della nostra spensieratezza”.
Sogni e aspirazioni per il futuro?
“Amo la Matematica da quando frequentavo le medie e al liceo, grazie ai laboratori didattici, ho scoperto di essere particolarmente portata anche in Fisica. Da grande mi piacerebbe fare un lavoro che abbia implicazioni pratiche. Per questo penso che farò l’ingegnere meccanico”.
I settori in cui generalmente vengono impiegati gli ingegneri meccanici sono ancora a prevalenza maschile. Ti spaventa la possibilità di essere tra le poche donne che scelgono di lavorare in quest’ambito?
“No, quasi per niente. Anche se è vero che ci sono dei retaggi maschilisti per cui le donne non riescono a far carriera o a far valere il proprio talento, credo che possiamo superare questi stereotipi. Non credo sarà troppo difficile per la mia generazione”.
Come credi che si possano combattere (e superare) stereotipi e retaggi culturali di questo tipo?
“Proprio con progetti come Coding Girls! Credo che sensibilizzare noi studentesse e studenti alla parità di genere nelle STEM sia il primo passo verso il superamento di tutti quegli ostacoli che ancora oggi, purtroppo, esistono”.
Ti è mai capitato di ricevere disparità di trattamento a causa del tuo genere?
“No e aggiungerei per fortuna. Non ho mai avuto problemi di questo tipo. Tuttavia la mia professoressa di italiano ci ha coinvolto più volte sul tema e credo che non bisogna abbassare mai la guardia”.
Non è la prima volta che una ragazza della tua età si dichiara fiduciosa nelle capacità delle nuove generazioni di riconoscere e superare gli stereotipi di genere. Come non è la prima volta che una tua coetanea dice di essere estranea a dinamiche basate su discriminazioni di genere. Da un lato il dato è confortante. Significa che in 10 anni (NdR. distanza d’età tra intervistatore e intervistato) le cose sono cambiate. Dall’altro però sorge spontanea una domanda. Come mai le ragazze che si iscrivono a facoltà scientifiche sono ancora così poche?
“Credo che sia una cosa istintiva. La generazione precedente alla nostra ha subito forti discriminazioni e credo che alcuni stereotipi e retaggi culturali abbiano affondato le proprie radici nella mente di tutte. Anche se il gap piano piano si chiude, nel subconscio di molte resta la convinzione che le donne non siano portate per le materie scientifiche. Forse è per questo che molte donne credono di non essere all’altezza. Si arrendono in partenza”.
Tu però non ti sei arresa in partenza. In te cosa ha fatto la differenza?
“Credo che sia stata la mia famiglia. Sia mamma che papà sono laureati in Ingegneria. Molti dei miei ricordi con loro riguardano gli esperimenti che abbiamo fatto insieme. Mi hanno insegnato a programmare schede e appassionato al mondo del coding. C’è però anche un libro che mi ha ispirato”.
Ti va di condividerlo con noi?
“Certo. Frontiere di Isaac Asimov”.